Durante un periodo caratterizzato da distanziamento sociale, Ethica|Center trova il modo di svolgere attività in sicurezza.
Sembrerebbe difficile prevedere un lavoro da svolgere in palestra che rispetti costantemente le norme da mettere in atto, ma con un’adeguata programmazione si riescono a realizzare attività mirate al raggiungimento degli obiettivi desiderati. Per questo cinque degli atleti che lavorano con Sammy Marcantognini e Valentina marchesi si sono recati nella nostra palestra per mettersi in gioco e sviluppare quelle che sono le capacità meno sviluppate per ognuno di essi.
Gli sportivi di cui si parla sono atleti che praticano sport a livello professionistico. Uno dei ragazzi è un calciatore con il ruolo di portiere che ha giocato in squadre di rilievo, altro componente del gruppo di lavoro in questione è stato il campione del mondo di arrampicata sportiva insieme anche ad un giocatore di serie A1 di hockey su pista.
Gli altri due atleti che hanno preso parte all’esperienza sono un giocatore di baseball che ha partecipato a competizioni in Italia e in America ed infine, per concludere la rosa di atleti, un giovane sportivo del pentatlon moderno. Tutti ragazzi con una fervida carriera sportiva, che hanno scelto di fare un lavoro strutturato con psicologi dello sport per mantenere alta la performance agonistica.
Interessante è la provenienza da cinque diverse discipline sportive di questi atleti che hanno preso parte a questa giornata durante la quale hanno avuto la possibilità di confrontarsi tra loro, oltre che con Sammy Marcantognini e Valentina Marchesi, per sviluppare una certa conoscenza rispetto a temi come intelligenza emotiva e ‘intelligenza agonistica’.
L’obiettivo dell’incontro è stato quello di mettere gli atleti in difficoltà, capire fino a che punto si muovessero dalla propria zona di conforto, però Nando lì a guardare oltre le attività prettamente fisiche svolte convenzionalmente, in cui si sentono già bravi e sicuri.
È doveroso sottolineare, in questa sede, che non è stato facile per gli atleti, lavorare in condizioni limitate; si pensi già solo all’utilizzo delle mascherine chirurgiche che vengono indossate anche durante tali attività e che coprono metà del nostro viso riducendo, così, in maniera esponenziale l’espressività del nostro volto, nascondendo gran parte del linguaggio non verbale messo in atto abitualmente.
Dopo un iniziale warm up per risvegliare la propria attenzione e fisicità, agli atleti è stato chiesto di mettere in pratica alcuni esercizi di stampo più cognitivo che fisico, mirati, come detto in precedenza, allo sviluppo e allenamento di varie abilità. Gli esercizi messi in atto stressavano maggiormente capacità come la leadership, aspetto approfondito dando particolare enfasi alla difficoltà di mettersi in gioco e di ricevere un giudizio da parte degli altri componenti del gruppo di lavoro.
È stato affrontato poi il tema del team building costituite da un insieme di attività formative con scopo di formare gli individui al lavoro di gruppo e, successivamente, si sono elaborate attività che promuovessero il gruppo di lavoro in termini di collaborazione tra individui e abilità di ‘problem solving’ termine anglofono utilizzato per indicare l’attitudine di un individuo, in questo caso dell’atleta, a risolvere problemi in modo analitico ed efficace.
Fulcro del lavoro svolto da tutti i presenti è stato il concetto di consapevolezza di sé, punto cruciale per la crescita personale e la possibilità di esprimersi al meglio e più efficacemente possibile.
Tutto quanto appena detto viene ripreso, ad esempio, da esercizi utili alla modulazione e soprattutto gestione dell’aggressività. Gli atleti stimolati in modo provocatorio imparano a non reagire di impulso ma piuttosto a riconoscere quella tentazione e gestirla in modo che possa diventare uno stimolo positivo per la prestazione sportiva.
Un altro aspetto approfondito rispetto alla consapevolezza di sé è stata la volontà di chiarire la predisposizione di ciascun atleta a condurre un gruppo o piuttosto farsi guidare da esso, per conoscere il proprio ruolo all’interno del gruppo stesso.
Tutto quello che si è visto fin qui trova fondamento in quella che noi chiamiamo ‘intelligenza agonistica’ ovvero la capacità di sapersi gestire, in quanto atleta, in attività diverse fra loro, saper modificare la propria strategia quando lo si crede necessario.
Insieme agli esercizi per lo sviluppo di intelligenza agonistica, si è posta altrettanta importanza all’intelligenza emotiva attraverso la messa in pratica di esercizi in cui il contatto è stato unicamente visivo, tenendo presente la difficoltà di mantenere una certa distanza e indossare una mascherina che copre il proprio viso e quello dei propri interlocutori dal naso al mento.
Ogni atleta si è messo in discussione incrociando, prima, e tenendo, poi, lo sguardo di un altro subendo provocazioni di tipo non verbale e con l’obiettivo di gestire proprio tali provocazioni.
Torna così il concetto di consapevolezza di sé unita alla consapevolezza dell’altro, il riconoscimento delle proprie emozioni e quelle altrui unita alla gestione di queste ultime; il termine intelligenza emotiva racchiude proprio questo concetto.
Anche svolgendo lavori poco fisici e più prettamente cognitivi gli atleti hanno avuto l’occasione di mettersi in gioco, di avere come paragone il bagaglio esperienziale e le abilità di altri atleti propri coetanei provenienti da realtà agonistiche diverse e portando quindi a casa una nuova esperienza formativa.
Dott.ssa Federica Porciello



