Nell’articolo si propone un frammento dell’intervento tenuto dal Dott. Sammy Marcantognini durante il seminario “La diversità attraverso gli occhi della filosofia”.
Konrad Lorenz, etologo di riferimento nel panorama scientifico del Novecento, osservava già durante la Guerra Fredda — tra gli anni Settanta e Ottanta — come l’uomo moderno fosse progressivamente divenuto incapace di esercitare forme elementari e controllate di aggressività. La persona non è più in grado di dar uno schiaffetto ad un bambino, ma riesce a prender coraggio per premere un pulsante e distruggere una nazione intera. Tale paradosso evidenzia la perdita di familiarità con l’aggressività come esperienza fondamentale, fisiologica e costruttiva dell’essere umano. In questa prospettiva, l’aggressività non è concepita come mera violenza, bensì come una componente positiva e necessaria dello sviluppo, che i bambini devono poter sperimentare entro confini chiari e sicuri. Nel gioco corporeo tra padre e figlio, ad esempio, il genitore comunica al bambino la propria superiorità fisica, ma allo stesso tempo gli concede possibilità di “vincere”: ciò consente al bambino di misurarsi, di comprendere i limiti reciproci e di vivere l’esperienza del confronto in modo regolato. L’aggressività, dunque, può emergere e trasformarsi in risorsa solo se sostenuta da confini, trova il suo spazio naturale in forme di competizione sana — intesa come “fare qualcosa insieme”, non necessariamente competizione — e nelle dinamiche di conflitto e di lotta simbolica, che costituiscono tappe fondamentali per la costruzione dell’identità individuale. La società contemporanea sembra aver organizzato sistemi di convivenza senza definire regole altrettanto chiare. Da qui emerge l’importanza della cosiddetta “leadership di contesto”: una forma di guida che stabilisce norme implicite e esplicite all’interno degli ambienti sociali. Tali regole scaturiscono dalle caratteristiche stesse del contesto e dall’autorità educativa che ne deriva. Esistono infatti regole a priori — non negoziabili — che rendono possibile il gioco, il confronto, la competizione e, in ultima analisi, la formazione dell’identità personale in relazione alle proprie capacità, inclinazioni e possibilità.



